Oltre i Btp: la mappa dei fondi obbligazionari su cui investire

04/09/2024 13:39:24

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Gli investitori italiani hanno sempre mostrato una predilezione per i Btp e le obbligazioni. L’introduzione di asset apparentemente più audaci potrebbe migliorare il profilo di rischio-rendimento grazie ai soli benefici delle decorrelazioni. Una diversificazione efficace però è difficilmente attuabile senza strumenti del risparmio gestito.

La storica passione degli italiani per le obbligazioni

Storicamente gli investitori italiani hanno sempre mostrato una predilezione quasi morbosa per le obbligazioni e per i Btp e gli altri titoli di Stato, una circostanza che trae origine da fattori perlopiù culturali e legati a tradizioni familiari.
Il lungo decennio di tassi a zero ha in parte contribuito a smorzare questa passione e le emissioni governative sono state cannibalizzate prevalentemente da investitori istituzionali.

Il ritorno dell’interesse per i Btp e gli altri titoli di Stato

Nell’ultimo biennio, l’esplosione dell’inflazione e la risposta delle banche centrali hanno rinnovato l’interesse per questa tipologia di asset, soprattutto grazie ad alcune gustose emissioni di Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), le cui aste hanno lasciato a bocca asciutta una discreta percentuale di potenziali investitori retail.

La sicurezza come vantaggio cruciale

La sicurezza connaturata di questi strumenti finanziari continua a rappresentarne il vantaggio cruciale: il rischio di default è decisamente remoto e, nella malaugurata ipotesi, i problemi per gli investitori sarebbero di portata tale da far passare in secondo piano l’esito infelice dell’investimento.

La gamma dei titoli di Stato italiani

Il Tesoro emette una gamma piuttosto variegata di titoli, che si distinguono principalmente per la durata, per la tipologia di tasso (fisso o variabile) e per la presenza o meno di cedole. Senza entrare nel dettaglio delle peculiarità delle varie tipologie, possiamo assumere che i titoli di Stato italiani (e non solo) rappresentano un investimento sicuro con un rendimento a scadenza noto fin dal momento dell’acquisto.

Il rendimento a scadenza e l’importanza della detenzione a lungo termine

Il rendimento a scadenza è una misura di primaria importanza per valutare la bontà dell’investimento, ma è un’informazione valida unicamente se si detiene il titolo fino a scadenza (appunto), come consuetudine per i cosiddetti “cassettisti”. La vendita del titolo prima della sua naturale estinzione determina invece un rendimento effettivo che dipende dal prezzo di vendita, una grandezza soggetta ai “capricci” del mercato.

I fattori che impattano sui titoli obbligazionari

I fattori che impattano sull’andamento dei titoli obbligazionari sono davvero innumerevoli e le vivaci dinamiche del costo della vita e dei tassi ufficiali di riferimento che hanno animato gli ultimi anni hanno prodotto snervanti spostamenti, inversioni e cambiamenti di forma della yield curve.

Conviene investire nel classico Btp?

Supponendo di rivolgerci al risparmiatore retail tipo, possiamo ipotizzare che l’acquisto dei Btp o altro titolo di debito – che sia in asta o sul mercato secondario – sia affiancato all’investimento immobiliare, altra grande passione degli italiani – e a una quota residuale su qualche fondo proposto dalla filiare di fiducia.

La diversificazione del portafoglio: opportunità e limiti

Ne deriva immediatamente qualche perplessità circa il livello di diversificazione del capitale nel suo complesso: l’introduzione di qualche asset apparentemente più audace (come l’azionario Usa, dell’oro, dei Reit o delle emissioni di qualche Paese emergente …) potrebbe agevolmente migliorare il profilo di rischio-rendimento grazie ai soli benefici delle decorrelazioni.
A fronte di capitali contenuti, la realizzazione di una diversificazione efficace non è agevole e difficilmente è attuabile senza strumenti del risparmio gestito.

Il ruolo dell’industria dei fondi d’investimento

L’industria dei fondi, nei decenni, ha prodotto una grande quantità di comparti focalizzati sulle emissioni governative, nel tentativo di coprire ogni possibile strategia di investimento improntata su controllo della volatilità, sulla duration, sullo studio della yield curve, sulla combinazione di posizioni lunghe e corte di fatto precluse al singolo investitore, ecc… un’attività tutt’altro che invidiabile, che vede i gestori muoversi in un contesto di crescente complessità, in parte a causa dell’ingegneria finanziaria e in parte per reazioni dei mercati a volte controintuitive.

L’importanza di una visione complessiva del mercato

Ciò che è certo, è che strumenti apparentemente innoqui come i bond sono tutto fuorchè banali da interpretare, analizzare e stimare e che la disponibilità di database adeguati e software in grado estrarne l’informazione utile sono oggi una conditio sine qua non per poter dire di avere una visione complessiva del mercato. L’espertise di un team qualificato è poi un ulteriore elemento che può risultare dirimente.

La presenza di fondi obbligazionari sul mercato italiano

Ad oggi, dei 26000 fondi disponibili alla clientela retail italiana, circa il 28% sono obbligazionari. Di questi il 33% è focalizzato esclusivamente su emittenti governativi. È evidente la maggiore propensione dei gestori nel lavorare su emittenti corporate – e si tratta di uno sforzo apprezzabile che mette in luce il valore aggiunto della gestione attiva – ma è altrettanto tangibile la corposità dell’asset class goverantiva.

Categorie di fondi obbligazionari identificate da Fida

Fida individua 12 diverse categorie su di essi, aggregando comparti con politiche di investimento sufficientemente sovrapponibili. Le categorie si distinguono principalmente per area geografica, valuta e orizzonte temporale.
L’analisi comparata degli indici di categoria fa agilmente emergere alcuni fatti interessanti.

  1. Esiste una certa persistenza dei rendimenti: al netto di esigue eccezioni, i migliori a 10 anni tendono a essere anche i migliori sull’anno corrente e sulle scadenze intermedie, è il caso ad esempio del debito Usa a breve termine.
  2. I titoli governativi dell’Eurozona a breve scadenza sono sistematicamente associati ai minori livelli di rischiosità, misurata sia in termini di volatilità che di perdita massima: la teoria macroeconomica trova quindi conferme nei dati reali e storicizzati.
  3. Generare volatilità impatta maggiormente la duration rispetto alle dinamiche valutarie.
  4. Gli indici di Sharpe e Sortino sono quasi sempre negativi, su ogni orizzonte temporale: ne deriva che a prescindere dal livello dei tassi, per gli asset manager è difficile ottenere un extrarendimento rispetto al tasso free-risk.
  5. Su ogni orizzonte temporale, i comparti governativi Usa a breve termine presentano un’eccezionale decorrelazione rispetto al resto del paniere di indici.

Monica F. Zerbinati

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